Il combattimento disarmato faceva parte di molte scuole di bujutsu fin dalle epoche pre-tokugawa. Ogni scuola aveva elaborato delle tecniche per combattere corpo a corpo. Tali tecniche avevano diverse dankominazioni a seconda della scuola o del particolare aspetto caratterizzante la tecnica. Il termine jujutsu comincia ad apparire partire dall’epoca Edo quando, sotto la spinta di nuove esigenze dovute al nuovo contesto sociale, le antiche tecniche subirono delle elaborazioni per renderle ancora attuali. Sotto lo shogunato tokugawa, infatti, l’adozione dell’armatura andò progressivamente abbandonato e le armi da battaglia campale non più consentire nel nuovo contesto. Le tecniche dello yoroi kumiuchi costituirono la colonna portante per elaborazioni mirate al combattimento corpo a corpo senza armatura , che, pur senza escludere l’utilizzo di armi, introdussero le percussioni con pugni e calci poco utilizzate nei periodi precedenti. Con il termine jujutsu si intende quindi un tipo di combattimento corpo a corpo di natura eterogenea (visto che il jujutsu comprende l’uso di colpi, proiezioni, leve, strangolamenti, immobilizzazioni, sbilanciamenti) concepito per avversari senza armatura. Un elemento caratterizzante è il principio del JU (cedevolezza) improntato sulla strategia del non opporre forza alla forza ma, tramite appunto la cedevolezza, utilizzare la forza, o lo slancio, dell’avversario per sbilanciarlo e ottenerne la vittoria.
Tale tipo di combattimento divenne parte integrante sia di molte delle scuole d’armi evolute nel periodo Edo che, ispirate sul principio della sopravvivenza in battaglia, tendevano sempre alla polivalenza del samurai, sia di scuole nate al di fuori della casta dei samurai che, composte da persone non autorizzate all’utilizzo delle armi per decreto governativo, aspiravano ad apprendere comunque forme di autodifesa.